Sambuca di Sicilia (Agrigento)
Sambuca di Sicilia, Sambuca di Sicilia Agrigento
Il Nome
Zabut era il nome arabo del castello, derivato dal suo fondatore, l’emiro Al-Zabut, chiamato “lo splendido” (Al-Chabut) per il suo valore. Secondo altri il toponimo rimanda alla presenza di piante di sambuco o alla forma dell’impianto urbano, simile alla sambuca, lo strumento musicale greco somigliante a una piccola arpa.
La Storia
VI sec. a.C., le colonie greche di Selinunte e Agrigento si contendono il territorio menzionato da Diodoro come Adranon, già abitato tra la fine dell’età del bronzo e l’inizio dell’età del ferro, come rilevano gli scavi nel sito archeologico di Adranone.
V sec. a.C., i cartaginesi sconfiggono Selinunte, distruggono e poi ricostruiscono Adranone, che sarà definitivamente rasa al suolo intorno al 250 a.C.; i superstiti si spostano più a valle dove fondano il borgo rurale di Adragnus che, durante il periodo paleocristiano, diventa il casale di Adragna.
830 d.C., l’emiro arabo Al-Zabut costruisce il castello che da lui prende nome.
1185, Guglielmo II Il Buono dona alla chiesa di Monreale la “Chabuta seu Zabut”, “la splendida ovvero Zabut”; una popolazione islamica abita Zabut fino al 1225, quando deve arrendersi, dopo due anni di strenua resistenza, all’esercito imperiale di Federico II; i segni della dominazione araba sono ancora presenti nell’impianto urbanistico e nella cultura locale.
1411, dopo la distruzione di Adragna i superstiti si trasferiscono nella fortezza di Zabut, ampliando verso la collina l’impianto urbano arabo, costituito dall’acropoli e da un quartiere di stretti vicoli; in seguito, tra vendite e investiture, il casale di Zabut diviene baronia sotto i Peralta, i Ventimiglia e gli Abatellis, mentre dal 1574 è marchesato con i Baldi Centelles e vi rimane con i marchesi Beccadelli di Bologna fino al XIX secolo.
1863, il nome del Comune raddoppia in Sambuca-Zabut, ma con l’italianizzazione voluta dal regime fascista nel 1923 diventa Sambuca di Sicilia.
Da Vedere
Lo sviluppo urbano del paese segue due direttrici: quella araba “dentro le mura”, che si proietta fino a tutto il Cinquecento con l’infittirsi delle residenze attorno alla fortezza di Zabut, e quella sei-settecentesca “fuori le mura”, con il palazzo comunale a fare da cerniera.
La visita inizia dall’ottocentesco teatro L’Idea, nella parte inferiore di corso Umberto I. Lungo il corso gli edifici signorili, segnati dalla presenza della pietra arenaria e dagli archi passanti che collegano le vie principali ai cortili (circa 250), si alternano con i luoghi di culto, che sono tredici. A metà corso, si segnalano i palazzi Di Leo e Oddo e la chiesa di San Giuseppe con il suo portale in pietra bianca d’ispirazione chiaramontana. In via Marconi la chiesa della Concezione si presenta con un magnifico portale a sesto acuto di matrice anch’essa chiaramontana proveniente dalla chiesa di San Nicolò dell’antico borgo di Adragna. All’interno ha sculture settecentesche. Sempre su via Marconi si aprono i palazzi nobiliari Rollo, che fronteggia la chiesa con cortile e scalone loggiato, Giacone, con doppio cortile privato e scala catalana all’interno, e Fiore con la sua imponente mole.
Tornando su corso Umberto, palazzo Campisi, sede di una banca, risale alla seconda metà dell’Ottocento e mostra il caldo colore della pietra arenaria. La chiesa di Santa Caterina d’Alessandria con il suo opulento apparato decorativo è espressione dell’architettura barocca, esaltata da stucchi, statue allegoriche, stemmi, blasoni, colonne tortili. Notevole il pavimento in quadrelle smaltate provenienti dalle fabbriche di maioliche della vicina Burgio. Sul lato opposto di piazza della Vittoria, il casino dei marchesi Beccadelli si fa apprezzare per il balcone dalle sinuose forme barocche e il cortile che rimanda a tipologie catalane importate in Sicilia durante la dominazione spagnola. L’edificio è parte di un complesso più vasto che arriva fino alla via Caruso e comprende la chiesa cinquecentesca dei Santi Rocco e Sebastiano (oggi spazio espositivo), la torre e l’ospedale. L’effetto scenografico della secentesca chiesa del Carmine è accentuato dal fronte che si sviluppa su due ordini sovrapposti. Qui vi sono le sepolture delle famiglie aristocratiche, statue lignee e marmoree: tra queste, la secentesca Sant’Anna e la Madonna dell’Udienza sull’altare maggiore, di metà del Cinquecento, attribuita al Gagini.
Tornando sul corso, si trovano l’ottocentesco palazzo Ciaccio in pietra arenaria a faccia vista con cortile colonnato centrale; il bel prospetto della chiesa del Purgatorio (1631) adibita a Museo d’Arte Sacra; palazzo Oddo (o dell’Arpa) ascrivibile al linguaggio classicista della metà del Settecento. Questo palazzo, sede del municipio, immette in quella che era la “città murata”. Infatti da qui cambia la geografia urbana del paese: le strade si infittiscono, si aggrovigliano, per poi aprirsi in inattesi slarghi irregolari: siamo nel quartiere arabo, nel cuore antico di Sambuca, nato da sette vicoli saraceni. In largo San Michele, palazzo Amodei con il suo singolare cortile si trova poco prima della chiesa di San Michele, a tre navate, al cui interno si conserva la statua equestre di San Giorgio, opera del 1596 dei fratelli Lo Cascio. In quello stesso anno la nuova direttrice dello sviluppo urbano verso valle, comporta la rotazione di 180 gradi dell’originario orientamento della chiesa, fino ad allora rivolta verso il castello: da qui, i suoi due prospetti. Risale alla fine del Cinquecento il torrione del castello poi trasformato in palazzo Panitteri adattando la struttura quadrangolare alle nuove esigenze abitative. Il piano nobile del palazzo è sede del museo archeologico.
Raggiunta la piazza Navarro, si ritorna a sinistra nella fitta trama di stradine del quartiere arabo: un groviglio disordinato di vicoli, una casbah con case a uno o due livelli e talvolta con scale rampanti esterne, e con le fughe dei tetti in coppi siciliani che declinano l’una sull’altra. Poi ci sono le purrere, le cave di pietra della città sommersa fatta di camminamenti e antri svuotati nei secoli. Nel quartiere i segni della fede cristiana sono la chiesa del Rosario, che vanta un sagrato acciottolato del 1752 e un portone in legno di cipresso con formelle scolpite e, in cima al colle, la chiesa Matrice, chiusa al culto dal 1968.
Divertimenti
Passeggiate e trekking sul Monte Genuardo, mountain bike e, per i meno sportivi, il teatro, perché Sambuca vanta uno dei pochissimi teatri all’italiana ancora funzionanti della Sicilia occidentale.
A 40 km, il Cretto di Alberto Burri a Gibellina è una delle più importanti opere di land art del Novecento. Per restare a Sambuca, il Monte Genuardo e la Riserva naturale orientata (1180 m. s.l.m.) comprendente la zona di Santa Maria del Bosco e il Bosco del Pomo con l’insediamento di Adranon, sono meta di passeggiate e trekking. A oriente di Monte Genuardo corre la valle segnata dai castelli arabi, che controllavano la via dei commerci dal porto di Sciacca sino a Palermo. La rocca di Zabut era il guardiano della valle. Il lago Arancio è un bacino artificiale, alle cui spalle partono alcuni itinerari di trekking, come quello lungo la gola della Tardara che conduce a Sciacca. Meritano una visita la torre di Pandolfina di metà Quattrocento, che si erge a difesa della masseria, la torre di Cellaro (XI secolo) sulle sponde del lago Arancio e, poco distante, i resti del fortino arabo di Mazzallakkar. Dal lago, attraverso la strada statale 188, si raggiungono le cave di Misilbes, “fantastiche e irreali – scrive nel 1960 Leonardo Sciascia – scavate nel fianco delle collina come templi egiziani”. A nord dell’abitato si trova la chiesa di Santa Maria di Adragna, nota come “Bammina”, tra i luoghi di culto più antichi del territorio. Sembra avere origine dal primitivo luogo di culto annesso al casale di Adragna. Infine, si può visitare il sito archeologico di Monte Adranone..
Eventi
Festa di San Giorgio, 23 aprile: processione con la statua equestre del santo e distribuzione della zabbina, ricotta appena rassodata servita con il siero.
Festa della Madonna dell’Udienza, terza domenica di maggio: la festa principale di Sambuca celebra la guarigione dalla peste del 1576 e dura dieci giorni, culminando con l’uscita del simulacro di Maria dal santuario e la processione notturna della statua condotta a spalla su un fercolo in legno del 1817, alla luce di mille bocce in vetro soffiato provenienti dalla città palestinese di Hebron.
Festa di Maria dei Vassalli, 5 agosto: nel quartiere a ridosso del castello, dove vivevano i vassalli, dopo la messa del mattino ai presenti è distribuita la pasta con il macco, una purea di fave tipica della Sicilia.
Calici di Stelle, 10 agosto: sul panoramico Belvedere e all’interno del quartiere arabo, spettacoli, mostre d’arte e degustazioni di vini nella notte di San Lorenzo.
Fiera del Bestiame, 21 e 22 settembre.
Il Piatto del Borgo
A inventare le minni di virgini, i “seni di vergine”, fu – dice la tradizione – una monaca del Collegio di Maria, incaricata nel 1725 dalla marchesa di Sambuca di preparare un dolce per il matrimonio del figlio. Suor Virginia prese spunto dalle colline che circondano Sambuca e ottenne una pasta con ripieno di crema di latte, cioccolato e zuccata, ricoperta con glassa di zucchero, lodata dal principe di Salina ne “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa: «… sviolinature in maggiore delle amarene candite, timbri aciduli degli ananas gialli e trionfi della gola, col verde opaco dei loro pistacchi macinati, impudiche “Paste delle Vergini”».
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